Nel nostro Paese, su 28 milioni di lavoratori, 6 milioni, ovvero uno su cinque, soffrono di disturbi legati allo stress da lavoro. Le più colpite sono soprattutto le donne, oltre 3 milioni e 200mila, di cui un milione circa presenta in maniera clinicamente rilevante disturbi d’ansia, insonnia e depressione. Le restanti due milioni e 200mila donne manifestano gli stessi problemi ma a livello transitorio. Le cause principali sono legate alle forti pressioni lavorative, alle barriere culturali, alle remunerazioni e al difficile clima aziendale. Sono questi i dati rilasciati dall’Ospedale Fatebenefratelli in occasione della Giornata Mondiale sulla Salute Mentale che si tiene ogni anno il 10 ottobre e che getta luce su un tema spesso poco affrontato: l’integrazione lavorativa delle persone che presentano disagi psichici.
Le malattie mentali sono tra le prime cinque cause di morte nel mondo, insieme alle patologie cardiovascolari, a quelle respiratorie, ai tumori e al diabete. «Il 38% degli europei presenta un disagio psichico, spesso correlato anche da un decadimento cognitivo», spiega il direttore del dipartimento di Neuroscienze e Salute Mentale dell’Ospedale Fatebenefratelli di Milano. «E la ricaduta sociale ed economica sul Pil è molto forte. In Italia si stima sia tra il 3 e il 4%. In più bisogna considerare che solo un quarto dei soggetti malati viene trattato mentre due terzi delle persone affette da depressione non vengono curate». L’integrazione sul piano lavorativo è quindi fondamentale. «Appena si parla di problemi mentali non solo cala il pregiudizio ma soprattutto il silenzio», aggiunge il dottore Mencacci.
Un esempio di inserimento lavorativo per tutti è il progetto Ala, Agenzia Lavoro e Apprendimento del Fatebenefratelli, un servizio attivato nel 1997 per i pazienti dell’ospedale. Dal 2012 a giugno 2017 sono stati 810 le persone prese in carico, 501 uomini e 309 donne, per lo più tra i 25 e i 54 anni. Il 40% di loro presentava patologie gravi, come schizofrenia o deliri, mentre il restante 60% manifestava depressione, ansia e disturbi della personalità. Per il 55% di loro c’è stato un percorso di formazione, per gli altri un tirocinio. Il 20% ha ottenuto un impiego e solo il 2% degli assunti è stato ricoverato per uno scompenso.